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Verzo... Roma

LA REGINA INNAMORATA

Le maggiori notizie su Cleopatra vengono da Velleio Patercolo (contemporaneo di Tiberio), da Dione Cassio, Plutarco, Svetonio, Appiano, che scrivono molti anni dopo i fatti. Scrivono la storia dei vincitori, come al solito. Ma ognuno di loro contribuisce con notizie più o meno interpretate a creare un’aura particolarmente interessante su una donna che non aveva certo bisogno di “creare” un personaggio: aveva una personalità, una forza interiore (e non solo) tale, da imporsi alla storia anche senza cronisti di regime. Gli storici sopra menzionati, si sono basati sulle notizie di parte o addirittura concordate col vincitore Ottaviano.
In Egitto era considerata Iside, a Roma “la puttana d’Egitto”.
Uno dei peggiori detrattori di Cleopatra fu Mecenate, che orchestrò la propaganda per conto di Ottaviano.
Quando Ottaviano decide di fare guerra, non può dichiararla a Marco Antonio perché già gli aveva portato via le Gallie e l’Italia, e Marco Antonio aveva ancora molti seguaci a Roma: se non ci fosse stata Cleopatra, Ottaviano l’avrebbe dovuta inventare. Ottaviano era allievo di Cicerone: come il suo grande maestro non si curava della verità vera ma solo di quella che a lui facesse comodo: portò tutte le “prove” delle colpe di Cleopatra per poter dichiarare guerra all’Egitto.
Una delle ragioni inconfessate era l’esistenza di Cesarione, figlio di Cesare: crescendo e diventando adulto avrebbe potuto accampare rivendicazioni sul trono di Roma. Fu scannato nel tempio di Osiride a Berenice sul Mar Rosso.
Come era cominciata la storia?
Quando Cesare sbarca in Egitto (nel 48 e.a.) inseguendo Pompeo dopo Farsalo, occupa con la sua VI legione la reggia di Tolomeo. In quei momenti Cleopatra è in lotta col fratello-marito Tolomeo XIII. Cesare blocca il porto di Alessandria con la flotta, in attesa dei rinforzi terrestri. Un pescatore, con la sua barchetta, aggira la flotta Romana e porta a Cesare un tappeto con dentro Cleopatra, che ha trovato un modo pratico e teatrale per introdursi al cospetto del grande Romano. Pare che l’episodio sia effettivamente accaduto, visti i riscontri incrociati che gli storici hanno documentato.
Il giorno dopo, Tolomeo vede Cleopatra al fianco di Cesare. Richiama il grosso dell’esercito da Pelusio e comincia la guerra vera.
30.000 egiziani contro 3.000 Romani.
Cesare incendia la flotta egiziana nel porto: l’incendio si diffonde e brucia la famosa biblioteca. Si sottrae all’attacco, si mette al comando dell’esercito che gli aveva portato Mitridate e sbaraglia gli egiziani.
Tolomeo muore affogato nella battaglia.
Da quel momento Cesare fu chiamato Cesare Amon Osiride.
Con Cleopatra, si prendono una vacanza di qualche mese e in quel periodo Cesare dimentica Roma, la sistemazione dell’impero, i veterani, le province, il senato. Si sveglia da quel torpore particolare che piace a tutti, quando arriva la notizia che Farnace sta imperversando in Asia.
Cleopatra gli dà la notizia che avrà un suo figlio: nascerà all’inizio dell’estate del 47. Il bambino viene chiamato Cesarione.
A circa un anno dalla nascita il futuro erede di Cesare viene portato a Roma dalla madre: un viaggio “faraonico” per presentare alla città e al mondo colui che avrebbe fuso l’impero di Roma con l’eredità della regina d’Egitto.
Ufficialmente nessuno lo sa, ma in quel periodo nella villa sul Gianicolo è un via vai di senatori e gente influente che porge omaggio all’amante di Cesare. Alcuni senatori arrivarono a presentare una petizione per far riconoscere valido il matrimonio “faraonico” officiato in Egitto.
Cleopatra diventa la stella di Roma.
La discendente di Tolomeo Lagida (figlio di Lagos, amico di Alessandro Magno che aveva conquistato l’Egitto e fondato Alessandria, che dichiarò capitale del regno), erede di Alessandro quindi di sangue macedone e non egiziano, era la settima regina con quel nome macedone che significa “Gloria al suo padre”.
Il padre Tolomeo Aulete (XII della dinastia) volle che il suo primogenito (manco a dirlo: Tolomeo), sposasse la sorella più grande: Cleopatra. A quell’epoca la futura regina aveva diciotto anni, suo fratello dieci.
Il loro padre aveva fatto di tutto per ringraziare e ingraziarsi Roma (era stato messo sul trono da Silla) fino a regalare a Pompeo, che si trovava da quelle parti per conquiste varie, la somma di seimila talenti che gli assicurò la protezione della Repubblica. Malgrado ciò, i sudditi si ribellano a causa dell’aumento delle tasse necessario per pagare quanto promesso a Roma: lo esautorano e lui scappa a Roma. Solita promessa di denaro a Pompeo (stavolta diecimila talenti) e viene rimesso sul trono da Aulo Gabinio, alleato di Pompeo.
Alla morte (51 e.a.) di Aulete (Suonatore di Flauto), ovviamente i figli litigano: la corte egiziana si schiera a favore di Tolomeo e Cleopatra scappa da Alessandria. Dall’Alto Egitto dove si era rifugiata in un primo momento, passa in Siria per raccogliere soldati. Tolomeo schiera il suo esercito alle frontiere orientali in vista di un possibile attacco della sorella.
Verso la fine del 48 arriva in Egitto Pompeo, inseguito da Cesare dopo la battaglia di Farsalo. Chiede a Tolomeo di ricambiare l’amicizia dimostrata al padre, ma per tutta risposta Tolomeo, su consiglio di Potino, suo plenipotenziario, lo fa pugnalare, gli stacca la testa e la manda a Cesare per far capire chiaramente da che parte si fosse schierato.
Cesare, anziché andarsene contento, si ferma ad Alessandria per rintracciare tutte le truppe seguaci di Pompeo e portarle dalla sua parte. La guerra tra Cleopatra e Tolomeo era soltanto un impiccio pericoloso, di cui liberarsi al più presto. Segue l’episodio del tappeto e tutta la storia d’amore tra Cesare e Cleopatra.
Cesare Amon Osiride fu ucciso e per Cleopatra cambiò tutto: dopo un mese di permanenza a Roma, scappò e tornò in Egitto. Si affrettò ad andare a salutare le tre legioni che Cesare le aveva lasciato a Pelusio.
Nonostante le regalie che elargì alle truppe, le legioni passarono tutte nelle file di Bruto e Cassio quando arrivarono in Egitto per cercare soldi rapinando il tesoro egiziano. Cleopatra riesce a salvare una parte del tesoro, ma la sua situazione è critica.
Nell’ottobre del 42 Marco Antonio (con Ottaviano) sbaraglia a Filippi i cesaricidi.
Durante la battaglia, un manipolo era penetrato nella tenda di Ottaviano, ma lui era da poco scappato: Cleopatra avrebbe dato chissà che cosa per la morte di Ottaviano, avendo capito cosa sarebbe successo all’Egitto se Ottaviano avesse avuto il controllo anche dell’oriente.
I vincitori si dividono le zone di influenza: a Ottaviano l’occidente, a Marco Antonio l’oriente.
Marco Antonio si reca a Tarso e lì si dà a bagordi orientali.
Manda a chiamare Cleopatra accusandola di aver dato aiuto a Bruto e Cassio. L’incontro è previsto a Tarso in Cilicia: Cleopatra si presentò su una nave con la poppa d’oro che risaliva il fiume Cidno spinta da remi d’argento, con suoni di flauti e zampogne; sdraiata sotto un baldacchino trapunto d’oro tra incensieri che spandevano profumi inebrianti. Schiavetti le facevano vento e le sue ancelle erano vestite da grazie e nereidi. Tutti gli abitanti si precipitarono a vederla lasciando Antonio da solo con la sua guardia.
L’intelligenza di Cleopatra fu quella di capire che Antonio, sapendo ciò che c’era stato tra lei e Cesare, avrebbe voluto dimostrarsi superiore in tutto (letto compreso) a Cesare. Era sicuro della sua gagliardia giovanile.
Antonio seguì Cleopatra ad Alessandria. Fu la sua debolezza funesta. Cambiò la notte col giorno, tra orge, bagordi, sbronze.
Antonio era smodato in tutto (ricordate la sua giovinezza a Roma con Publio Clodio Pulcro, Curione e Milone) e Cleopatra accondiscendendo ai suoi vizi lo tenne inchiodato a sé.
Molto probabilmente i due si innamorarono veramente: per gelosia Cleopatra fece addirittura uno sciopero della fame, quando Antonio sembrava attratto da una donna di cui non si conosce il nome. Fu per amore? Fu per opportunità? Cleopatra aveva riposto in Antonio tutte le speranze di donna e regina. Fece però un errore: pensò di avvalersi dell’abilità militare di Antonio per portare avanti le sue scelte politiche.
Né lui né lei furono all’altezza di Cesare nell’una e nell’altra cosa, né di Ottaviano, che dal punto di vista militare aveva un Agrippa in più.
In occidente le cose si stavano mettendo bene per i due amanti: in Gallia c’erano i generali antoniani Ventidio e Pollione; in Italia la moglie di Antonio, Fulvia, e il fratello Lucio Antonio avevano scatenato la ribellione contro le confische di terreni di Ottaviano a favore dei veterani. Si erano chiusi a Perugia in attesa dell’arrivo dei rinforzi. Che Antonio non mandò mai.
A Perugia ci fu una carneficina. La città bruciata e i legionari o passarono dalla parte di Ottaviano, o furono uccisi.
Gli eserciti delle Gallie si ritirarono negli acquartieramenti.
Perché Antonio e Cleopatra non approfittarono?
Antonio era il contrario di un uomo politico e Cleopatra non lo spinse ad agire quando con poco sforzo (mandare rinforzi a Perugia) avrebbe potuto ribaltare la situazione militare e sconfiggere gli assedianti. Forse temeva che Antonio tornando a Roma rivedesse Fulvia e si scordasse dei due gemelli che Cleopatra gli aveva dato? Fu per amore o per miopia politica?
Antonio si mosse da solo: con 200 navi partì verso occidente: non rivide Fulvia, che morì a Sicione, ma vide Ottaviano con cui non solo fece pace, ma ne sposò la sorella Ottavia. Si trasferì ad Atene e ci stette due anni, preparando la spedizione contro i Parti.
In Siria, Ventidio sbaragliò per due volte i parti: Antonio forse si sentì minacciato dal successo di Ventidio e si preparò all’invasione. Prese casa ad Antiochia.
Nel frattempo, Ottavia era partita da Roma con 2.000 legionari scelti, soldi e vettovaglie per la guerra armena. Scrisse al marito di venirle incontro ad Atene.
Lui rispose di non venire, perché stava ripartendo per la Partia. Ma scrisse anche ai suoi di Roma con l’ordine di scacciare Ottavia dalla sua casa alle Carine, allegando l’atto di ripudio.
Ottavia era l’anello che teneva ancora untiti Ottaviano e Antonio.
Ripudiarla e cacciarla di casa fu un errore gravissimo. A Roma non aspettavano altro.
Mandò a chiamare Cleopatra non appena la nave di Ottavia era partita. Per farsi perdonare gli ultimi due anni, le regalò la Fenicia, Cipro, parte della Cilicia e della Giudea.
Ottaviano e la propaganda di Mecenate approfittarono additando Cleopatra come la vera nemica di Roma.
Cleopatra preferì puntare a oriente e accompagnò Antonio verso la Partia: il gran numero di macchine da lancio che Antonio aveva fatto costruire per contrastare le frecce dei parti, andarono distrutte insieme alle due legioni che le presidiavano: tradito dal governatore della Persia che faceva il doppio gioco coi parti, sbagliò il percorso della ritirata, subì il voltafaccia anche del re dell’Armenia che lo attaccò in pieno deserto. Quando arrivò in Siria aveva perduto tutte le macchine, due terzi dell’esercito ed era moralmente distrutto.
Cleopatra lo trovò ubriaco in riva al mare: capì che aveva sbagliato a fidarsi, ma lo aiutò a risollevarsi: distribuì ai soldati indumenti e denaro, lo mise in contatto col re della Media che intendeva appoggiare i Romani contro i parti.
Lui si entusiasmò, ma subito si demoralizzò: mandò Canido ad invadere l’Armenia (che riteneva colpevole di tradimento e della sua sconfitta) e si appropriò della vittoria sfilando in trionfo col re di Armenia in catene. Ad Alessandria: preferita a Roma, sede ufficiale di tutti i trionfi!
Cleopatra si fece donare per sé e per i suoi (e di Antonio) figli, territori dell’Africa e dell’Asia. Antonio e Cleopatra si trasferirono ad Atene, quando Ottaviano mosse guerra.
Antonio si muove via mare e via terra verso l’Epiro per anticipare Ottaviano sul campo di battaglia: porta le navi egizie nel golfo di Ambracia e pone l’accampamento dei legionari sulla terraferma.
Ottaviano sbarca in Epiro e accerchia da terra Antonio che rimane privo di rifornimenti. Agrippa forma un blocco navale davanti al golfo di Ambracia.
Azio era una battaglia persa prima ancora di cominciare: la flotta egiziana era pesante e poco addestrata quanto quella Romana agile e efficiente.
Antonio imbarca 20.000 legionari sulle navi per aumentare il numero degli effettivi e compensare le forze egiziane sicuramente perdenti contro i Romani, ma appesantisce ancor più le navi che rallentano le manovre.
L’unica possibilità di vittoria era quella di sfondare al centro il blocco navale, per poi manovrare invertendo la rotta e buttarsi sulle navi romane.
Antonio cercò di aprirsi un varco nello schieramento di Agrippa (cosa che a Cleopatra riuscì), ma le navi di Agrippa accerchiarono quelle egizie e fu una carneficina: conscio ormai che la battaglia navale fosse favorevole ad Agrippa, Antonio, quando si rese conto che non c’era più niente da fare, seguì Cleopatra che era riuscita a passare il blocco. Lo issarono sulla nave di Cleopatra, che non lo volle vedere per tre giorni. Immaginiamo Antonio cosa dovesse provare in quei momenti.
Le forze di terra si arresero a Ottaviano senza combattere e passarono dalla sua parte. Quando però devono partire per l’Egitto inseguendo Antonio e Cleopatra le truppe si ribellano perché non vengono pagate. Ottaviano sa che potrà farlo soltanto impadronendosi del tesoro egiziano: convince i soldati e parte.
A metà del 30 (quindi circa un anno dopo) sbarca in Asia, passa in Siria e da lì marcia verso l’Egitto mentre Cornelio Gallo arrivava da ovest.
L’esercito egiziano si arrende quasi senza combattere: Ottaviano si accampa vicino all’ippodromo di Alessandria.
Antonio fa una sortita e sbaraglia la cavalleria di Ottaviano inseguendola fino all’accampamento. Torna da Cleopatra e prepara un’altra battaglia: un attacco simultaneo da terra e dal mare.
Frutto dell’impeto, del valore, del coraggio, o dell’incoscienza?
La battaglia non ci fu: le navi si arresero senza combattere così come almeno una metà delle legioni che gli erano rimaste.
Deluso e amareggiato, si butta sulla spada e spira tra le braccia di Cleopatra. Lei sa cosa la aspetta a Roma: legata al carro di Ottaviano nel suo trionfo. Si veste, e fa arrivare un canestro di fichi nonostante il blocco Romano.
Manda due tavolette a Ottaviano che capisce e corre verso il palazzo per bloccarla, ma non arriva in tempo: la trova morta insieme ad una ancella, mentre l’altra le sta sistemando il diadema.
Al commento di un soldato, l’ancella pronuncia una frase che ci ha tramandato Plutarco: “Un gesto degno di una signora che discende da una stirpe di re.”
Un’analisi del corpo non trova segni, salvo due piccolissimi fori all’interno del gomito, tracce evidenti di un morso di serpente.
Secondo Dione Cassio invece, pare che fu “suicidata” da un liberto di Ottaviano che aveva organizzato le cose in modo di levarsi comunque di torno una donna scomoda: che accoglienza avrebbe avuto a Roma? Che cosa avrebbe fatto il popolo, ancora affascinato dalla regina? I morti non parlano e non infiammano le folle.
Undici anni di unione con Antonio sono stati raccontati come anni di intrighi, di passioni smodate, di strategia politica, mai come anni d’amore. Sarà vero?
E se veramente fosse stato l’amore (reciproco, sicuramente) a muovere i due protagonisti di una delle storie più raccontate di sempre?
Cleopatra dette tre figli ad Antonio: che bisogno politico avrebbe avuto?
A quell’epoca il parto era la maggiore causa di morte per le donne: perché affrontare un rischio del genere?
Solo per assicurarsi una successione?
I figli si fanno per amore.

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