TRILUSSA E LO SPETTACOLO
Per Trilussa, lo spettacolo vero è stata la sua vita.
Poche persone hanno avuto la fortuna, la grandezza, la voglia, la possibilità, la fantasia, la costanza, di “vivere” la propria vita e non soltanto trascorrerla.
Trilussa l’ha interpretata nel migliore dei modi: assaporandola, gustandola, plasmandola, a volte ingannandola, ma sempre vivendola da protagonista. Un vero grande attore, ha calcato le scene del suo spettacolo per tantissimi anni.
Da Grande Attore, ha sottoscritto innumerevoli contratti con chiunque gli avesse potuto garantire un’esibizione. Non possiamo limitarci a elencare o descrivere questi contratti, molti ignorati o ingannati, pochi rispettati, che Tri ha sottoscritto nel corso degli anni. Dobbiamo sempre tenere presente il Personaggio, l’Interprete: lui.
Il suo più grande “impegno teatrale” ha il titolo di una raccolta di poesie: “Le finzioni della vita”. Nel 1918, quando la raccolta esce dall’editore Cappelli, era stata promessa all’editore Voghera e in seguito verrà edita da Mondadori. Altro che Finzioni!
Del resto la sua Grande Recita è nata con lui e morirà il 21 dicembre 1950.
Ha recitato una parte difficile per ogni attore: solo i grandi ci riescono: la parte del Dissimulatore.
Ha dissimulato per tutta la sua esistenza: anche usando maschere, ma non sempre la stessa (…ciò er còre in pace e l’anima serena / der savio che s’ammaschera da matto) e ci fa ricorso solo quando serve, altrimenti la maschera non serve affatto: basta la sua faccia, la sua immagine, la sua arte di interprete per affabulare, incantare, ingannare il mondo: …d’allora in poi, nasconno li dolori / de dietro a un’allegria de cartapista / e passo per un celebre egoista / che se ne frega dell’umanità!.
La teatralizzazione della vita, oltre che nei rapporti con gli editori e con il suo ambiente mondano frequentato, l’ha completata con tutti gli elementi che possono sicuramente complicarla ma renderla comunque unica.
Lo spettacolo vero (o quello finto?) ha fatto parte dei suoi divertimenti: ha girato il mondo spettacolarizzando oltre che se stesso, le sue poesie. Era lui il migliore interprete delle sue poesie e le ha interpretate (non “declamate!”) in teatri e scenari internazionali: dal Sud America all’Egitto, facendo il giro del mondo.
Un episodio: a Firenze, mentre sta per salire sul treno che lo riporta a casa, incontra Leopoldo, il suo carissimo amico. Dopo i convenevoli, il grande trasformista Fregoli, invita il Grande Trasformista Trilussa ad andare con lui a Berlino, sede dei prossimi spettacoli: Trilussa rifiuta per il solito… problema, la mancanza di spiccioli; poi accampa la scusa del non potere avvertire la mamma che lo aspetta… A quel punto, Fregoli aveva già acquistato il biglietto e inviato una cartolina alla Signora Carlotta per avvertire del… ritardo del figlio. Fregoli lo inserisce nel suo spettacolo facendogli interpretare alcune poesie: successo immediato! Le signore dell’alta società fecero a gara nell’invitarlo a “movimentare” i salotti.
A Berlino, la folta capigliatura e l’aria stralunata di Tri avevano destato i sospetti della polizia, che lo arrestò prendendolo per un pericoloso anarchico. Il Kaiser Guglielmo, volle togliersi un capriccio: vedere di persona uno dei temuti anarchici italiani che terrorizzavano i potenti di allora. Propose addirittura a Tri, una volta riconosciuto, considerata l’altezza, di fare il corazziere per l’imperatore!
Per lo spettacolo vero (o quello finto?) ha scritto testi, macchiette, filastrocche, copioni, qualsiasi cosa prevedesse un compenso.
Forse il primo contratto (1 febbraio 1904) è quello con i Marino, proprietari di teatri a Roma e Napoli, per la scrittura di “Macchiette in romanesco e in italiano per il Sig. Nicola Maldacea”.
Maldacea imperversava tra Roma e Napoli con le “macchiette” a cui lui stesso aveva dato il nome: piccoli monologhi o scenette teatrali dialettali, in cui la mimica e l’arte comica incantavano gli spettatori. Ovviamente le macchiette scritte da Trilussa, monopolizzarono i testi rappresentati a Roma, con un successo enorme.
Già nel 1900 c’era stato un accordo: con “Il Travaso delle idee”, aveva iniziato una collaborazione che si mantenne per anni: creò una rubrica, “Maria Tegami intima” (una “cocotte” pseudointellettuale che raccontava la sua vita fatta di incontri galanti coi personaggi più in vista dell’epoca) che gli portò ancora più notorietà e ancor più richieste di contratti.
Nel 1912 altro contratto per la scrittura di “macchiette satiriche” con Salvatore Cataldi, impresario, da rappresentare alla Sala Umberto e all’Acquario, una delle sale più frequentate di Roma.
Nel 1912 muore la madre e il già celeberrimo Tri, va a vivere da solo: si traferisce in via Reggio Emilia, dove spunta da una finestra Giselda Lombardi, una “giovane donna bruna e bellissima” che dalla gente del quartiere viene ribattezzata Trilussetta. Lui le cambia nome e la lancia nel mondo del cinema come Leda Gys. Diventerà una delle più celebri dive del “muto”, fino ad un vero trionfo con “la” film (allora, l’articolo era femminile: chissà perché la traduzione di “pellicola” è diventata maschile…) “Christus”, girato tra il 1914 e il 1916 con soggetto del poeta Fausto Salvatori, amico di Trilussa. Le scene sono girate in parte in Egitto e Tri fa di tutto per aggregarsi alla troupe e seguire Leda. Visto che si trovava lì, recita al Cairo davanti al Pascià che capisce sia l’italiano che il romanesco avendo studiato a Roma. Le ultime scene “della” film vengono girate a Cori e Tri ovviamente è presente, ma proprio a Cori avviene la separazione da Leda, che si mette insieme a Gustavo Lombardo, il fondatore della Titanus, che in seguito sposerà.
Tri esce sconvolto dalla storia e si vendica con una poesia: “Basta la mossa”, anche se il rapporto con Leda pare sia stato uno dei pochi “veri” nella Grande Rappresentazione Trilussiana.
La Scimmia un giorno agnede dar fotografo.
Dice: — Vorrei sapé se sò capace
de fà l'artista ner cinematografo.
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Brava! — strillò er fotografo — Benone!
Questo, pe fà cariera, basta e avanza:
sei nata propio co la vocazzione!
Se allarghi mejo certi movimenti
chissà che artista celebre diventi!
18 giugno 1918
L’idea di rappresentare Leda come una scimmia, gli rafforza l’idea di rendere gli animali i protagonisti della sua poesia. Cosa che svilupperà nel tempo e che lo consacrerà come “poeta degli animali”, soprannome da lui non gradito, ovviamente.
Ma il cinema lo attrae: scrive alcuni soggetti e un paio riesce a farli realizzare: “una” film per la regia di Gennaro Righelli: “Il romanzo di un cane povero”, che fa il verso a “Il romanzo di un giovane povero” di Octave Feuillet, l’inventore dei “Feuilleton”.
“La” film è un fiasco: una delle recensioni meno drastiche la fa un certo “Reffe” sul settimanale “La vita cinematografica” del 22 luglio 1917. Così dice: “Il lavoro non è gran cosa; piace per merito del cane, per la nuova concezione, per una certa arguzia che infiora qua e là la film”.
Alla nuova film, “L’ultimo dei Cognac” parodia de “L’ultimo dei Frontignac”, “una” film di Roberto Camerini, andrà ancora peggio: sempre su “la Vita cinematografica” del 7 ottobre 1918 il critico F. Battistessa così si esprime: “Il nuovo lavoro della Medusa-film di Trilussa, non piacque affatto e fece un’impressione pietosa. Ci sfugge il criterio al quale dobbiamo il concepimento di questo lavoro cinematografico di Trilussa. Un puerile mostriciattolo simile, da un padre tanto illustre, è una cosa pietosa”.
Enrico Roma, un autore attore, pubblica nel 1918 un romanzo che chiama in causa Trilussa: nelle pagine finali, l’autore si rivolge direttamente a Tri: “… con la stessa tristezza che, senza che tu la scorgessi, mi invase una sera in cui ti ero compagno alla visione della tua film “L’ultimo dei Cognac”. Ricordi? A un tratto mi domandasti: “Credi che questa roba mi possa danneggiare?” Io ti risposi sorridendo di no, mentre pensavo alle innumerevoli film balorde che avevano ormai diffusa e prodigata la mia povera effige”.
A la faccia! Direbbe Totò.
Tra i tanti personaggi che Trilussa interpreta, c’è anche l’autore litighino: nel 1917 la casa editrice M. Carra di Luigi Bellini, pubblica “La vispa Teresa, allungata da Trilussa”, con i disegni di Sto (Sergio Tofano, quello del Signor Bonaventura). La diva Dina Galli ne farà un suo cavallo di battaglia, inserendo la filastrocca come conclusione alle sue recite. Escono altre edizioni pirata: si instaura una causa che andrà avanti fino al 1924: Trilussa denuncia la Società Italiana dei Grammofoni, per aver inciso il suo testo senza autorizzazione, con la voce di Dina Galli. Trilussa vincerà la causa, ma sarà citato in giudizio dal suo avvocato a cui non ha mai pagato le parcelle!
Nel febbraio del 1920 stipula il primo contratto con Arnoldo Mondadori: da lì in poi tutta la vita di Tri, sarà improntata a richieste di acconti, di saldi, di regalie da parte del Grande Dissimulatore al suo editore.
Continua il rapporto con lo spettacolo vero (o finto?) anche sotto forma di scrittore occulto di vari autori e attori che approfittavano della sua cronica mancanza di denaro, per appropriarsi della sua vena.
Finiamo così: con il Grande Interprete Godereccio che trasforma in versi, in macchiette, in slogan pubblicitari, la sua capacità e voglia di raffigurare il mondo del suo tempo.
Un Grande.
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