CONCORSO "CITTA' DEGLI ARTISTI" PREMIAZIONE

PREMIAZIONE DEL CONCORSO A CERVARA.
Sono state premiate le migliori poesie partecipanti nelle due sezioni: italiano e romanesco.
Anche quest'anno la preziosa collaborazione del Circolo IPLAC ci ha consentito di far partecipare anche i poeti che si esprimono in italiano.
Una festa di versi in un ambiente che ormai ci è familiare nella sua bellezza.
L'Accademia Romanesca e l'IPLAC hanno voluto offrire al sindaco Luigi Rossi un ricordo della serata.
A causa dell'indisponibilità di Luigi per motivi di salute, ha ritirato il premio il vicesindaco Claudio Nocente, che ringraziamo per la costruttiva collaborazione. Sulla targa consegnata, è stata riprodotta una poesia del nostro Presidente, dedicata a Cervara, che inseriamo di seguito.

LA BELLA

Doppo che sei salito in piccionara
sopra a st’anfiteatro colorato,
lo capischi da te perché Cervara
te fa penzà er penziero “illuminato”.

Doppo che da quassù, te sei ‘mbriacato
d’aria frizzante, la salita amara
pare ‘na scorciatora pe fà a gara
a rubbà li colori der creato.

La fantasia se scioje e pija er volo:
vola sopra li boschi e la vallata,
e canta, come canta er rosignolo.

L’occhio s’appanna, e scopre, dietro ar velo,
l’incanto de ‘na Bella accoccolata
mezza su la montanga e mezza in cèlo.

Maurizio Marcelli

Dopo di questa, pubblichiamo i testi delle poesie premiate:

Prima classificata:

LI CENTO “SASSI”

Pò capità che un omo trucidato
pò riportà la gente a la raggione
e diventà un eroe pe ‘na nazzione:
Capaci e via D’Amelio hanno “inzegnato”.

Un morto, si nun viè dimenticato,
dà forza e fa rivive le perzone:
‘na breccola che ingrossa… è già mattone
tirato su la mafia e su lo Stato.

Su strade lunghe armeno “cento passi”
rimbombeno parole tutt’attorno
che voleno leggere… ma sò sassi.

Chi osa pò cascà, ma a vorte vola!
“Chi cià paura pò morì ‘gni giorno;
chi nun ce l’ha, more ‘na vorta sola!”

Alessandro Valentini

MOTIVAZIONE I CLASSIFICATA
LI CENTO “SASSI”
Il gioco di consonanti tra “cento passi” e “cento sassi” è indicativo dell’originalità del tema.
L’uomo “simbolo”, diventa un esempio, uno strumento: la breccola che diventa mattone “tirato su la mafia e su lo Stato”.
Un’immagine forte e precisa che fotografa il pensiero di chi ancora riesce a credere nel futuro di questo Paese.
Le parole, non di circostanza ma vere e spontanee e urlate e sentite, prima “leggere”, diventano veramente uno strumento di esaltazione dei valori, ormai perduti, di cui avrebbe bisogno ogni italiano di “buona volontà”.
La terzina finale è rappresentativa delle migliaia di persone che hanno dato la vita per costruire una nazione di cui oggi si vergognerebbero.
Una poesia che dimostra come il dialetto possa essere il migliore strumento per arrivare al cuore, attraverso l’immediatezza e la spontaneità.

Seconda classificata:

LA CECITÀ DELL’OMO

Pe dà retta a la panza anziché ar còre
se manna giù qualunque zozzeria,
pure er più peggio schifo che ce sia,
a bon bisogno, cambia de sapore…

Va appresso, quasi fusse ‘na mania,
a valori che sò senza valore,
e nun s’accorge ch’er pianeta mòre
appresso a ‘no sbarbajo de follia.

La smania d’arivà nun se sa dove,
lo porta a violentà la Madre Tera
fino a sentisse un dio: gnente lo smove!

E avanti a un dramma e a còrpi senza vita
che j’offre la tivvù, o a ‘n’antra guera,
cambia canale e guarda la partita.

Paolo Fidenzoni

MOTIVAZIONE II CLASSIFICATA
LA CECITÀ DELL’OMO
Un graffio potente e preciso.
L’uso del dialetto è centrato e stimolante: l’uomo viene prima dileggiato, quasi insultato da parole graffianti che ne descrivono l’atteggiamento insulso e insensato; poi ritratto con pennellate di verità sconcertante.
L’amarezza che si prova scorrendo i versi sale fino alla considerazione finale, apparentemente umoristica ed invece fortemente satirica, che fa veramente riflettere e pensare a quello che potrebbe essere il mondo, ma che non è.
Un sonetto ottimamente concepito e costruito, con un vocabolario attuale ed incisivo: una dimostrazione di cosa possa essere la poesia quando passione e tecnica si fondono nel migliore dei modi.

Terza classificata:

LI FANTASMI DER PROGRESSO

Gireno lenti in mezzo a li scaffali,
coll’occhi bassi de chi è rassegnato,
smicceno si li prezzi sò normali,
si c’è quarche prodotto a bon mercato…

Da quanno er fato j’ha strappato l’ali,
li sogni sò rimasti ner passato.
Finite le speranze e l’ideali…
loro, er futuro, l’hanno scancellato.

Sò li fantasmi tristi der progresso.
Le vittime innocenti de ‘sto monno
che te condanna senza fà er processo.

Nun ponno risalì, resteno a fonno…
ognuno co li cocci de se stesso.
Padroni de ‘na vita… che nun vonno.

Paolo Buzzacconi

MOTIVAZIONE III CLASSIFICATA
“LI FANTASMI DER PROGRESSO”

Una dimostrazione di come il dialetto possa esprimere in maniera ineguagliabile la rappresentazione della vita: quella vera, di tutti i giorni.
L’idea di parlare dei vinti in modo quasi sognante è originale ed attualissima.
Il testo è lucido ma coinvolgente ed emotivamente validissimo.
L’atmosfera è quasi di sogno: nella prima quartina i “fantasmi” si vedono e quasi si toccano.
Versi metricamente esatti e parole misurate e centratissime, rendono in maniera ottimale le situazioni e i commenti dell’autore.
Questi esseri dalle forme e dalle età indefinite esprimono la rassegnazione e l’impotenza dei perdenti; dei molti che stanno pagando per i danni fatti dai pochi.
Un affresco quasi metafisico di una realtà, purtroppo estremamente vera, che condiziona, quasi umiliandola, una vita di mera sopravvivenza stravolta nelle speranze e nelle aspettative di progresso.

Per i testi delle premiate in lingua, vi rimandiamo al sito IPALC

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