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UNA PAROLA AL GIORNO SU FACEBOOK

Parlare e scrivere in dialetto è una scelta di campo: è una filosofia di vita che rafforza le radici riportandole a galla, che sottolinea il senso di appartenenza, che ribadisce quel privilegio che abbiamo tutti noi: essere romani.
Per questi motivi, elencheremo di seguito alcune parole: a qualcuno tornerà in mente un vocabolo non pronunciato da anni; qualcuno imparerà il nome di qualcosa che oggi chiama con un altro termine; qualcuno capirà che usare certe parole è facile e utile per esprimersi col dialetto più adeguato possibile.
In collaborazione con la pagina "Er Romano Romanesco" iniziamo la pubblicazione di parole tratte dal libro "A nò, come se scrive?" Grammatica Insolita del Romanesco Attuale Edizioni Chipiùneart.

Prima parola:
ABBACCHIATO: da Abbacchio (italiano: agnello). Abbacchio è il piccolo di pecora che nell’antichità veniva legato ad un palo infisso per terra, per non farlo muovere e far restare quindi i muscoli poco tonici, flaccidi, e la carne tenera. Questo bastone in latino si chiamava BACULUM, quindi l’animale era AD BACULUM, da cui abbacchio. La persona abbacchiata è quindi “TRISTE, ADDOLORATA, FLOSCIA”. Secondo il dialetto giudaico-romanesco, la parola ABAKAN ha lo stesso significato di “TRISTE, DIMESSO”.

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